

La breve e tumultuosa storia della Scarpa d’Oro, il premio che insignisce il miglior marcatore europeo dal 1967. O meglio: il top realizzatore dei principali campionati europei, stando a regolamento e statistiche. Ma in passato non era così…
Il regolamento attuale della Scarpa d’Oro
È innegabile che nel calcio il ruolo di attaccante consegni al giocatore un maggior grado di visibilità rispetto a chi occupa le altre parti del campo. Il marcatore del gol viene festeggiato da tutti i compagni e osannato dai tifosi e su almanacchi e tabellini restano scolpiti i nomi di chi, nel corso della partita, ha messo in rete il pallone. La statistica che non manca mai sui giornali, inoltre, è la classifica dei migliori goleador del torneo di cui si sta seguendo lo svolgimento.
Esiste anche un premio dedicato, peraltro, ai giocatori che nelle massime divisioni dei campionati nazionali europei si distinguono per il numero di reti segnate. È la Scarpa d’Oro, istituita nel 1967 dal periodico France Football, che già insigniva il miglior calciatore europeo con il Pallone d’Oro. Un trofeo generalmente ambito dai calciatori dei principali campionati europei, favoriti dal regolamento applicato nel 1996 che ne ampliò la cassa di risonanza.
A partire dalla stagione 1996-97, infatti, il premio viene assegnato moltiplicando il numero di reti siglate da un calciatore per un coefficiente prefissato. Quest’ultimo viene determinato sulla base del campionato disputato dal calciatore. Le reti dei giocatori che militano nei primi 5 campionati del ranking UEFA hanno un coefficiente pari a 2, mentre scende a 1,5 per le posizioni dalla sesta alla ventiduesima e 1 per i campionati posizionati peggio.
La storia recente del premio
Con il regolamento in vigore i giocatori militanti nei campionati inferiori sono, in pratica, tagliati fuori dalla lotta. Dal 2002 al 2021 il premio, infatti, è rimasto confinato ai soli campionati di prima fascia, con la Liga che dal 2007 l’ha fatta da padrona in 10 occasioni su 14. Per ben 6 volte il vincitore è stato Lionel Messi; l’Italia è salita al vertice nel 2020 con Ciro Immobile (36 reti) dopo 13 anni dal successo di Totti. Negli ultimi 11 campionati, peraltro, il vincitore di turno ha totalizzato meno di 70 punti solo in due occasioni. È accaduto nel campionato 2013-14, quando vinsero ex aequo Luis Suárez e Cristiano Ronaldo (31 reti, 62 punti) e nel 2017-18, quando vinse Messi con 68 punti.
Va da sé che un numero così alto di reti impedisca la competizione ai giocatori dei campionati di livello inferiore. Nel campionato 2011-12, nel quale Messi siglò ben 50 reti, a un giocatore del campionato svedese sarebbero servite 100 reti, mentre a uno del campionato olandese ne sarebbero bastate solo 75. Solo in due occasioni hanno avuto la meglio i capocannonieri delle leghe con coefficiente 1,5: si tratta di Henrik Larsson del Celtic nel 2000-01 e Mario Jardel del Porto nel 2001-02.
La Scarpa d’Oro prima del 1996
France Football assegnò il premio ininterrottamente dal 1967 al 1991, anno in cui la testata francese decise di sospendere la competizione. La federcalcio cipriota, infatti, accusò il quotidiano di boicottaggio nei confronti del proprio campionato, seppure i dati dimostrassero che la vittoria ottenuta dal futuro interista Pančev – allora alla Stella Rossa – con le sue 34 reti fosse legittima. A causa delle polemiche sollevate nei campionati successivi nessun giocatore ottenne la Scarpa d’Oro. Il trofeo fu rispolverato, in vista della stagione 1996-97, dall’associazione European Sport Media, che riunisce varie testate giornalistiche europee. L’introduzione del coefficiente servì proprio ad abbattere il problema alla radice.
Ma in precedenza, precisamente, cosa accadeva? Semplice: tutti i campionati erano considerati allo stesso livello, rendendo più probabili le sorprese. E così giocatori sconosciuti al grande pubblico, reduci da una stagione da mattatori nel proprio campionato di livello, potevano superare tutti gli altri e guadagnarsi la fama con la vittoria del premio. Non senza episodi quantomeno dubbi, però.
Il caso Cămătaru, la vittoria di Ceausescu
Sono ampiamente noti, nella storia, gli episodi nei quali i regimi totalitari hanno usato lo sport a fini propagandistici. Esattamente ciò che accadde nella stagione 1986-87 in Romania, dove il protagonista fu l’attaccante Rodion Cămătaru della Dinamo Bucarest. Un trionfo in pieno stile, con 44 reti in 33 partite e una media spaventosa, irraggiungibile da qualsiasi altro calciatore continentale.
Una vittoria, tuttavia, viziata dal ruolino di marcia delle ultime 6 partite: ben 20 le reti siglate dal giocatore rumeno. Così, a Montecarlo, fu proprio Cămătaru a ritirare il premio a scapito dell’austriaco Polster, secondo classificato, che andò su tutte le furie. E ne aveva ben donde: le indagini, successive alla caduta del regime Ceausescu, evidenziarono come fu proprio il dittatore a spingere affinché Cămătaru primeggiasse in Europa. Per questo, pur con qualche anno di ritardo, si procedette alla revoca del premio, successivamente assegnato proprio a Polster.
Gli altri nomi in albo d’oro: da Eusebio e Kaiafas
Il primo vincitore in assoluto fu il portoghese Eusebio, il quale si laureò campione con le 42 reti del campionato 1967-68. In seguito, a nomi di primo piano come quelli di Gerd Müller, Marco Van Basten e Hugo Sánchez si affiancano i meno noti Petăr Žekov, Tanju Çolak e Sotiris Kaiafas.
Il trionfo di quest’ultimo, in particolare, portò la piccola Cipro – la stessa che cagionò il salto del premio – sul tetto d’Europa. L’attaccante dell’Omonia Nicosia segnò 39 reti nelle 28 partite del campionato 75-76, un quantitativo di goal sufficienti e risultare capolista nel continente. Kaiafas è stato un’autentica bandiera della sua squadra, l’unica maglia indossata nel corso di una carriera iniziata nel 1971 e ultimata nel 1984. Periodo nel quale, peraltro, fu protagonista di un risultato prestigioso per la sua squadra e per tutta l’isola.
Nella Coppa dei Campioni 1979-80, infatti, l’Omonia si trovò di fronte l’Ajax al secondo turno, dopo aver eliminato i campioni lussemburghesi dei Red Boys Differdange. In terra olandese fu una partita senza storia, terminata 10-0 per i lancieri, ma al ritorno i ciprioti cercarono in tutti i modi di vendicarsi. Il 4-0 registrato a Nicosia, con doppietta dello stesso Kaiafas è ricordato ancora oggi come uno dei risultati più importanti del calcio cipriota in Europa – al di là, ovviamente, dell’avventura dell’Apoel nella Champions League 2011-12, terminata ai quarti di finale. Non a caso, quando nel 2003 l’UEFA chiese a tutte le federazioni che riuniva di nominare quale fosse stato il proprio giocatore migliore dell’ultimo mezzo secolo, Cipro non poté far altro che scegliere Kaiafas.