

Questa storia, che a prima vista può essere in grado di strappare un sorriso, è in realtà sintomatica della dolorosa situazione di un intero Paese.
La Mauritania, stato per la maggior parte desertico dell’Africa Occidentale affacciato sull’Oceano Atlantico e stretto tra il territorio del Sahara Occidentale, l’Algeria, il Mali e il Senegal, ottenne nel 1960 l’indipendenza dalla Francia. L’anno successivo fu fondata la federazione calcistica locale, e nel 1963 fece il proprio debutto la nazionale mauritana, che non ha mai ottenuto la qualificazione a tornei importanti e che dovette aspettare 17 anni per la prima vittoria. Attualmente si trova al 121° posto del ranking FIFA, 34° tra le nazioni africane. A partire dal 1976 viene disputato il campionato nazionale tra squadre di club, la Ligue 1, e la Coppa Mauritana. Le vincenti dei due trofei si affrontano poi per ottenere la Supercoppa, che, dopo la prima edizione del 2003, si gioca ogni anno dal 2010.
Nel novembre del 2015, l’FC Tevragh-Zeina, vincitori della Ligue 1 2014/15,e l’ACS Ksar, che in quella stagione avevano ottenuto la Coppa, si sfidano per la conquista della Supercoppa nazionale. Si gioca a Nouadhibou, seconda città del paese dopo la capitale Nouakchott.
Siamo circa a metà ripresa e il risultato è fermo sul punteggio di 1-1. Ed è qui che accade l’inaspettato. Al 63° minuto l’arbitro fischia per tre volte: la partita è finita, il vincitore verrà deciso ai calci di rigore e sarà l’FC Tevragh-Zeina a spuntarla.
Sul motivo per cui sia stata presa una così bizzarra decisione, sembrano esserci pochi dubbi. La partita fu giocata il 28 novembre, il giorno della festa dell’indipendenza, e faceva parte del programma di celebrazioni previste per la ricorrenza. In tribuna era pertanto presente il Presidente della Repubblica Mohamed Ould Abdel Aziz. La partita potrebbe non essere piaciuta al presidente, con le squadre che probabilmente avevano già la testa ai supplementari, e dunque sarebbe arrivato l’ordine di determinare il vincitore senza aspettare i canonici 90 minuti. La Federazione calcistica ha prontamente smentito che ci sia stato un intervento da parte del capo dello Stato, dichiarando che la decisione venne presa per motivi organizzativi in accordo con i presidenti e gli allenatori delle due squadre.
Noi tutti forse abbiamo desiderato almeno una volta di poter prendere una tale decisione, quando assistiamo a una partita in cui le due squadre in campo per molto tempo mostrano di avere come unico obiettivo di non farsi del male, preferendo la lotteria dei rigori. Ma il fatto che una persona possa avere veramente il potere di infrangere la sacralità dei 90 minuti è quantomeno inquietante.
E, in fondo, questo non sarebbe nulla in confronto a quello che accade tuttora nel paese africano. Nel 2008, l’attuale presidente Aziz era uno dei comandanti del golpe che destituì il governo precedente e vinse le elezioni del 2009, il cui risultato, sebbene riconosciuto dalla comunità internazionale, venne contestato dai sostenitori dell’opposizione. Il problema non è però soltanto politico. Dopo l’uccisione di 4 turisti francesi in visita al paese nel 2007, la famosa corsa rally Parigi-Dakar che attraversava la Mauritania fu trasferita in Sud America, a causa della crescente instabilità in tutto il Nord Africa. Al giorno d’oggi 700 mila mauritani vivono in condizioni di vera e propria schiavitù. Il movimento che ne chiede l’abolizione denuncia arresti ingiustificati e torture in carcere subiti da alcuni dei propri aderenti. Un italiano, Cristian Provvisionato, da agosto 2015 a luglio 2017 è stato dichiarato in stato d’arresto in Mauritania senza che i motivi siano stati chiariti ufficialmente.
Possiamo dunque accorgerci di come in questo caso un malfunzionamento nel calcio sia solo una piccola manifestazione di qualcosa di molto più grande che non funziona. Se così non fosse, su un fatto del genere avremmo potuto riderci su…