

Città d’approdo, città di partenze.
Basta una semplice frase per descrivere Genova, la Superba, signora del mare. Sin dalla notte dei tempi, la città della Lanterna è celebre per il suo porto, che la rese, in epoche non sospette, una delle quattro Repubbliche Marinare italiche. Alcuni dei più grandi navigatori del mondo sono nati proprio qui, su tutti quel Cristoforo Colombo che, credendo di aver trovato il modo per raggiungere le Indie via Occidente, finì per imbattersi in quella macroisola che poi prenderà il nome di America.
Negli anni successivi, i marinai genovesi troveranno terra e acque favorevoli nella parte meridionale del Continente, stanziandosi in Argentina e Uruguay. Tragitto inverso sarà quello compiuto da tanti giocatori che hanno militato nelle due squadre cittadine, Sampdoria e Genoa. Alcuni di essi, in particolare, non si sono distinti sul campo quanto ci si aspettava, a maggior ragione secondo quei tifosi che contavano sulle credenziali fornite dallo straordinario mondo di Football Manager.
Sulla sponda rossoblu, nell’estate 2008, approdarono due giocatori uruguagi, provenienti da Peñarol e Danubio, storiche rivali di Montevideo. E sarebbero stati tre, se un anomalia cardiaca non avesse bloccato un certo Abel Hernandez, poi acquistato dal Palermo 6 mesi dopo.
Il primo, Marcel Roman, lascerà ben poche tracce del suo passaggio, qualcosa in più farà il secondo, specie a livello giovanile. Diego Polenta, infatti, giunse nella più longeva squadra italiana con grandi credenziali, in cambio di quasi 2 milioni di euro.
Allora più che mai, il vivaio del Grifone era florido di giovani talenti, che permisero al club di fare incetta di trofei. La generazione vincente, infatti, fu quella che vide scendere in campo talenti del calibro di Mattia Perin e Stephen El Shaarawy, giusto per citare due tra i maggiori talenti. E a godere dell’influsso positivo di una rosa più che valida, fu anche Polenta, il quale a fine campionato, nel 2011, ebbe anche l’occasione di esordire in prima squadra nella trasferta di Napoli.
Nell’edizione di Football Manager del medesimo anno, come dimostrato dall’immagine di cui sopra, le doti del difensore sudamericano, rapportate alla giovane età, hanno sicuramente spinto diversi allenatori virtuali ad un lancio più precoce del giocatore. In particolare, balza agli occhi l’incredibile abilità nel calciare i rigori, peraltro già mostrata a livello giovanile, quando lo stesso Polenta era il rigorista designato della Primavera, e che verrà confermata anche successivamente nell’esperienza triennale a Bari, iniziata nello stesso 2011, pochi mesi dopo l’esordio in A.
Sarà solo una, infatti, la presenza in prima squadra al Genoa per l’uruguagio, che stazionerà in Puglia per tre anni, pur sempre in prestito dai rossoblu, prima di far ritorno in patria al Nacional.
Proprio il Nacional fu il trampolino di lancio per un altro protagonista del calciomercato estivo in vista del campionato 2008/09, quel Bruno Fornaroli il cui curriculum parlava di 14 reti in 28 presenze in patria. Per lui, la Samp vinse la concorrenza di mezza Serie A, interessata al profilo di un attaccante alla Inzaghi dal passaporto comunitario, versando nelle classe del club proprietario del cartellino ben 3 milioni di euro più una percentuale sulla vendita futura.
Le statistiche di Football Manager 2009 per il Tuna, soprannome del giocatore traducibile con il termine Cactus, parlano chiaro: doti non esaltanti, ma buon potenziale futuro. Se qualche manager è riuscito a farlo emergere tra i vari Cassano, Bellucci, Bonazzoli e Marilungo (altro giovane dalle skills ben più promettenti), per mister Mazzarri il compito è stato più arduo: appena 5 le occasioni in campionato senza reti, anche se i tifosi blucerchiati possono recriminare per quella realizzazione annullata nel derby, più qualche presenza nelle Coppe con due gol contro i lituani del Kaunas.
I prestiti al San Lorenzo e al Recreativo, in Spagna, non servono a rivitalizzarlo dal punto di vista realizzativo, seppure gli scout di FM continuano a dargli fiducia.
Le sue doti nel 2010/11, quando fa ritorno alla Samp, sono comunque notevoli per un giocatore ventiquattrenne che ha tutto da dimostrare in Europa. Nel calcio reale, gioca solo qualche partita in Primavera prima dell’esordio, incredibilmente tra gli applausi, a Novembre. Sarà la sua unica presenza in stagione, prima del prestito semestrale al Nacional che fa da preludio ad un nuovo approdo a Genova, per il campionato di B poi concluso con la promozione ai play-off. Fornaroli, pur adorato dalla curva, giocherà appena 11 volte, senza siglare reti, e a fine stagione, tramite l’anomala interposizione del Boston River, squadra semiprofessionista uruguayana, classico esempio di fondo d’investimento, firma a titolo definitivo per i greci del Panathinaikos. Dopo varie tribolazioni, a 28 anni finalmente El Tuna sembra aver trovato il proprio habitat in Australia, dove con la maglia del Melbourne City viaggia alla media di quasi un gol a partita.
A chiudere la puntata della rubrica odierna, c’è un autentico idolo di diversi allenatori virtuali, balzato agli occhi degli ammiratori della saga del gioco già nel 2004.
Il belga dell’Anderlecht Anthony Vanden Borre è sin da subito quanto di meglio possa desiderare chiunque si appresti ad iniziare una carriera di alto profilo: giovane, forte e soprattutto duttile, grazie alla capacità di giocare su tutto il fronte centrale e di destra sia in difesa, sia a centrocampo. Non è un caso che il giocatore di origini congolesi abbia già esordito con la maglia della Nazionale dei Diavoli Rossi ad appena 17 anni, e nell’anno successivo sia titolare fisso nel proprio club insieme a Vincent Kompany, di un anno più grande, con il quale costituisce una giovanissima coppia di difensori centrali. La sua fama seguirà di pari passo la sua abilità in FM, ancora valida nonostante l’età avanzante, seppure non ai livelli che i più ottimisti speravano.
La parabola ascendente di Vanden Borre, infatti, trova un freno nell’esperienza italiana, iniziata a Firenze nel 2007 con appena 2 presenze in 6 mesi, prima del passaggio, a Gennaio 2008, al Genoa. Nell’anno e mezzo in riva al Mar Ligure il calciatore alterna buone prestazioni ad altre meno esaltanti, dando comunque il suo contributo per il raggiungimento della qualificazione europea al termine della stagione 2008/09.
Dopo il prestito annuale al Portsmouth e il mancato riscatto dovuto a motivi finanziari, la carriera di Vanden Borre conosce un brusco calo rispetto alle rosee aspettative: nessuna presenza in Nazionale dopo il 2009, il Genoa non punta su di lui e nessuna squadra, nell’estate 2010, sembra interessato ad acquistarlo. Il Genk si fa avanti solo a Settembre, a mercato chiuso, cosicché il giocatore resta 6 mesi fermo.
Dopo quattro anni di semianonimato, giocando nel campionato belga, il suo nome torna agli onori della cronaca nel 2014, grazie alla doppietta segnata all’Emirates Stadium nel rocambolesco pari tra l’Anderlecht, squadra nella quale nel frattempo ha fatto ritorno e dove milita ancora oggi, e la squadra di casa dell’Arsenal.
Troppo poco, lasciateci dire, per chi sembrava, almeno stando a Football Manager, dovesse spaccare il mondo.