

Il rapporto calcio-motori presente in Thailandia ricorda molto l’interconnessione su molteplici livelli sportivi promossa dalla Red Bull in Europa e Nord America. Il signor Mateschitz di turno risponde al nome di Thapana Sirivadhanabhadki, titolare della celebre Chang, marchio di birra. Finanziatore del circuito di Buriram e della squadra locale…
Il Buriram International Circuit…
Un tocco di modernità inaspettata, in mezzo al nulla più totale. L’autodromo di Buriram è stato inaugurato nel 2014 a tempo di record, dopo un solo anno di lavori incessanti.
Un impianto frutto di un progetto all’avanguardia affidato al solito Hermann Tilke, l’architetto tedesco esperto di circuiti. Colui che, progettando tracciati ed infrastrutture avveniristiche, fa storcere il naso a molti appassionati di motorsport e, talvolta, agli stessi piloti.
Ideato per assicurarsi le massime licenze concesse dalle autorità motoristiche internazionali (FIA e FIM), il Buriram Circuit può ospitare tutte le maggiori competizioni grazie all’elevata valutazione data dagli enti preposti. 100.000 potenziali spettatori, metà dei quali con posti a sedere sulle tribune distribuite lungo il percorso. A corollario, un impianto di illuminazione che rende possibili anche le gare in notturna e un tracciato di Speedway.
Già nel 2015, il mondiale Superbike è sbarcato in Thailandia, primo tra i campionati iridati a farlo. E nel 2018, per la prima volta, il circuito ha ospitato anche il Motomondiale. Per la gioia, su tutti, di Valentino Rossi che ha definito il tracciato noioso e poco interessante, oltre a essere situato in un luogo apparentemente dimenticato da Dio. Per il momento, non è ancora previsto lo sbarco del circus della Formula 1 da queste parti, ma del doman non v’è certezza…
…o meglio, il Chang International Circuit (e la Chang Arena)
Il potenziale economico del tracciato di Buriram, infatti, è noto ai più. Ne è complice l’ingente sponsorizzazione del marchio locale di birra Chang, noto anche nel mondo del calcio per la sponsorizzazione milionaria agli inglesi dell’Everton dal 2004 al 2017. Una mossa che ha di fatto portato sulla cartina geografica il brand thailandese, esportandolo fuori dall’Asia.
Il Paperon de’ Paperoni di turno è Thapana Sirivadhanabhadki, presidente della ThaiBev, il colosso proprietario della già citata Chang che detiene anche quote dell’impianto motoristico. Il quale, non a caso, prende il nome ufficiale di Chang International Circuit, secondo investimento sportivo effettuato nella zona dal businessman nativo di Bangkok.
A partire dal 2008, infatti, Chang è anche main sponsor del Buriram United, sino ad allora club periferico del calcio thailandese. Non solo per la grande distanza dalla capitale, centro di riferimento dell’economia e dello sport locale, ma anche per una storia calcistica povera di successi, con un continua saliscendi tra la Serie A e la Serie B della nazione.
L’avvento dei nuovi capitali ha trasformato radicalmente la società, rendendola tra i club di primo livello della nazione. Già nel 2008, quando ancora la squadra si chiamava Provincial Electricity Authority, il Buriram ha ottenuto il primo scudetto della sua storia. E a partire dal 2011, l’anno in cui è stato vinto il secondo titolo, il Buriram gioca in un nuovo stadio. Un gioiellino da oltre 32.000 posti a 500 metri dal quale, come potete vedere nella foto a inizio articolo, è stato costruito negli anni successivi il circuito. Impianto di gioco che, ovviamente, si chiama Chang Arena.
La strana ascesa del presidente Chidchob
Non è tutto oro ciò che luccica, tuttavia. Una delle grandi peculiarità della Chang Arena è data dalla sua proprietà. Lo stadio, infatti, non è detenuto dal club ma dalla persona del suo presidente, Newin Chidchob.
Originario della provincia di Buriram, Chidchob deve gran parte delle sue ricchezze ad una spinta politica dai contorni poco delineati. Entrato nel discusso partito populista Thai Rak Thai nel 2002, l’attuale titolare del Buriram United è stato a lungo braccio destro del discusso leader Thaksin Shinawatra, oggi in esilio dal paese dopo il colpo di stato del 2006, in seguito al quale fu disciolto il movimento politico del quale faceva parte.
Rifugiatosi in Inghilterra, Shinawatra diede vita ai primi fasti di ricchezza del Manchester City, arrivato in Premier grazie ai gol del caraibico Shaun Goater. A Shinawatra, infatti, si deve l’acquisto del club nel 2007, e i suoi capitali contribuirono all’uscita dalle sabbie mobili per la società inglese. Un anno dopo, i Citizens passeranno tra le mani degli emiri per una cifra maggiore del doppio rispetto a quanto speso dal politico thailandese.
Nel frattempo Chidchob, sfuggito alla ghigliottina dei rivali politici, si è battuto per accrescere le potenzialità sportive – e di riflesso la sua popolarità – della zona di Buriram. Trovando un grande alleato proprio in Sirivadhanabhakdi, emergente uomo d’affari alla ricerca dell’occasione da sfruttare per spiccare il volo. Un compromesso quanto mai azzeccato.
L’esplosione del Buriram United
Nel 2009 il pacchetto azionario del Buriram United è stato acquisito integralmente da Chidchob. Il quale, approfittando del suo ruolo istituzionale, ne influenzava le attività già da un paio d’anni.
Di fatto il crocevia che ha reso in breve tempo il club, anche grazie alla sponsorizzazione targata ThaiBev e Chang, un’armata invincibile capace di vincere 4 degli ultimi 6 titoli nazionali, sbaragliando le rivali. Incluso il pur ricco Muangthong United, squadra con sede a Pak Kret, una manciata di chilometri da Bangkok. Contribuendo alla nascita di una forte rivalità, che ha coinvolto anche le due tifoserie, di gran lunga le più numerose del paese ed espressione di due diverse identità territoriali. Un mix che ha reso accesissimi gli scontri diretti tra le due compagini.
Una filosofia, quella perseguita dal Buriram United, che tende ad affiancare ai migliori calciatori nazionali alcuni colpi provenienti dall’estero, sia affermati sia da valorizzare e vendere successivamente all’estero. Strategia che ha portato a giocare nella pur non esaltante Thai Premier League calciatori di caratura europea. Su tutti Frank Acheampong, prelevato appena diciottenne dai ghanesi del Berekum Chelsea e poi ceduto, due stagioni e valanghe di gol dopo, all’Anderlecht. Ma anche l’inglese Jay Simpson, classe ’88 ex Arsenal, QPR e Hull City e Diego, brasiliano nato nel 1987 con un passato all’Olympiakos e in Champions League, arrivato nel 2014.