La morte di Renato Dall’Ara e l’ultimo scudetto del Bologna

Renato Dall'Ara
Renato Dall'Ara
Renato Dall’Ara, storico presidente del Bologna F.C. – Fonte immagine: Wikipedia.it

Il 3 Giugno 1964 moriva stroncato da un infarto l’allora Presidente del Bologna Renato Dall’Ara. Il 7 Giugno, quattro giorni dopo, i rossoblù si sarebbero laureati Campioni d’Italia per la settima (e ultima) volta.

 

La storia del Bologna è ricca di eventi incredibili e memorabili. Tra le vittorie e la gloria del passato e le difficoltà più recenti, ci sono vere e proprie altalene di emozioni che hanno segnato i tifosi (e non solo) della squadra petroniana. L’esempio più tragico è sicuramente quello della morte del Presidente Renato Dall’Ara, il più longevo e vincente di sempre tra quelli passati da Bologna. Una triste notizia arrivata pochi giorni prima della vittoria dell’ultimo storico Scudetto, quello della stagione 1963-64.

Renato Dall’Ara, imprenditore e Presidente

Nativo di Reggio Emilia, Renato Dall’Ara si trasferì a Bologna nel primo dopoguerra. Sotto le Due Torri avviò una piccola azienda di maglieria, che grazie a una oculata gestione lo portò a diventare decisamente benestante.

Nel 1934 il Partito Fascista decise di imporlo alla presidenza del Bologna. Una società ambiziosa, in quel momento storico, che lottava per i vertici della classifica e vantava già due Scudetti e due Coppe dell’Europa Centrale. Dall’Ara, scelto nonostante non fosse un vero e proprio esperto di calcio, non deluse le aspettative né dei gerarchi né, soprattutto, dei tifosi. Dando ancora una volta prova della propria abilità imprenditoriale, si distinse come grandissimo dirigente riuscendo a gestire al meglio non solo le finanze, ma anche e soprattutto le persone che fecero parte della società nel corso della sua lunghissima presidenza.

A oggi Renato Dall’Ara è il presidente più longevo della storia del Bologna (dal 1934 al 1964) e anche il più vincente. Durante la sua esperienza in rossoblù, infatti, il Bologna mise in bacheca ben sette trofei… anche se dovrebbero esserne considerati otto. Quattro scudetti nell’anteguerra (35-36, 36-37, 38-39 e 40-41), insieme al Torneo dell’Esposizione Universale di Parigi, valsero al Bologna la denominazione di Squadrone che tremare il mondo fa. Si aggiunsero poi la Coppa dell’Alta Italia (45-46) e la Mitropa Cup (61-62). Cosa manca?

Serie A 63-64, uno dei campionati più avvincenti di sempre

In realtà, come dicevamo in apertura, dovrebbe essere inserito nel computo dei titoli di Dall’Ara anche l’ultimo Scudetto. È impossibile separare il settimo titolo del Bologna e il quinto del Presidentissimo dal nome di Renato Dall’Ara, al netto della morte avvenuta a pochi giorni dalla gara che assegnò il trionfo alla squadra.

Ma ritorniamo al calcio giocato, per parlare di quell’anno incredibile. Sì, perché la stagione 1963-64 fu uno dei campionati più avvincenti e assurdi della storia della Serie A. Il Bologna partì alla grande, poi ebbe un momento di calo dovuto più a motivazioni psicologiche che tattico-atletiche. Infine si riprese sul finale, annichilendo l’Inter nello spareggio che assegnava il tricolore.

A causare il calo dei rossoblù fu il famoso scandalo doping. In seguito ad analisi effettuate dopo la vittoria del Bologna sul Torino vennero trovati positivi alle anfetamine cinque giocatori rossoblù: Fogli, Pascutti, Pavinato, Perani e Tumburus. Era il 4 Marzo 1964. Lo scandalo investe Bologna, tifosi, giocatori e dirigenti. A soffrirne maggiormente è lo stesso Dall’Ara, che già soffriva di alcuni problemi cardiaci.

La vittoria per 4-1 maturata sul campo diventò così una sconfitta per 2-0 e in aggiunta al Bologna fu comminato un punto di penalizzazione. Un episodio che segnò il resto della stagione rossoblù, con la squadra in lotta al vertice con le due milanesi, e minò ulteriormente la salute di Renato Dall’Ara.

Un vero caso di doping o una montatura?

Le provette, messe sotto sequestro dalla magistratura, a un certo punto scomparvero. O meglio – stando a quanto riferito da alcune fonti – non vennero consegnati, adducendo la scusa della scomparsa, quando il Bologna nominò i periti di parte che avrebbero dovuto esaminare i campioni. In realtà le controanalisi vennero eseguite nel maggio del 1964, ma con risultati che evidenziarono una palese manomissione. Le dosi di anfetamine riscontrate nelle urine dei calciatori erano talmente elevate che sarebbero state fatali per un cavallo.

Avvalendosi del principio della presunzione di innocenza, così, la FIGC dovette tornare sui propri passi. Il Bologna riottenne la vittoria contro il Torino, con tanto di cancellazione del punto di penalità.

Il campionato, così, giunse al termine con Inter e Bologna appaiate in testa, a pari punti. Non bastarono le 11 giornate da capolista in solitaria, la miglior difesa (16 reti subite) e la miglior differenza reti del torneo (+36). Nemmeno il numero minore di gare perse e il capocannoniere della Serie A (Harald Nielsen, con 21 reti). Classifica e regolamento erano chiari: Inter e Bologna erano pari e sarebbe servito uno spareggio.

L’altalena di emozioni e la morte di Renato Dall’Ara

L’altalena di emozioni delle ultime giornate non fece certo bene al sofferente Renato Dall’Ara. Le coronarie dei bolognesi, peraltro, vennero messe a dura prova anche dallo speaker dell’allora Stadio Comunale, nell’ultima gara ufficiale di campionato. Il Bologna aveva vinto 2-0 contro la Lazio e attendeva il risultato dell’Inter. La mancata vittoria dei nerazzurri contro l’Atalanta avrebbe consegnato ai rossoblù il matematico scudetto.

Dall’altoparlante uscì una sola parola: Spareggio. Il pubblico di casa, però, capì Pareggio e dedusse di aver vinto il campionato. Gli inutili festeggiamenti dell’intero impianto furono frenati solo parecchi minuti quando tutti, incluso Renato Dall’Ara, seppero l’amara verità. L’Inter aveva vinto e, di conseguenza, le due squadre avevano concluso il campionato a pari merito.

Dalla gioia si passò alla disillusione, incassando l’ennesima forte emozione della stagione. Nei momenti immediatamente successivi alla partita venne proposta all’Inter la vittoria dello scudetto 1964 e di conferire al Bologna quello mai assegnato del 1927. La logica, tuttavia, portò a decidere per la disputa della gara di spareggio in campo neutro, all’Olimpico di Roma. Così, alcuni giorni dopo il match, Dall’Ara si recò a Milano per discutere dei dettagli dello spareggio con l’omologo interista Angelo Moratti e il presidente della FIGC Giorgio Perlasca. Qui, alle 17.30 del 3 giugno 1964, Dall’Ara venne colto e stroncato da un infarto.

Lo spareggio scudetto 1963-64: Inter – Bologna 0-2

Pur scosso dall’accaduto, il Bologna onorò al meglio il proprio presidente, vincendo in modo meritato lo spareggio disputato quattro giorni dopo la morte di Renato Dall’Ara. Per rendere ancora più chiara l’impresa del Bologna, utilizziamo le parole del compianto Gianni Brera:

“Il Bologna ha battuto l’Inter e si consacra campione d’Italia 1964. L’Inter ha subito dal Bologna lo stesso modulo tattico inflitto al Real Madrid sul terreno del Prater. Davvero, possiamo sportivamente compiacerci che per conquistare il titolo italiano il Bologna abbia dovuto superare, e con pieno merito, la squadra campione d’Europa!”

Il fatto che l’Inter fosse campione d’Europa in carica dà maggior valore alla vittoria rossoblù, ma ne è anche in parte componente. Nella settimana antecedente lo spareggio, infatti, i nerazzurri avevano giocato una partita intensa e importante contro il Real Madrid, arrivando alla gara decisiva dello scudetto più stanchi. Ma la vittoria rossoblù fu anche un capolavoro di tattica del tecnico rossoblù Fulvio Bernardini, con l’inserimento a sorpresa del terzino Bruno Capra nel ruolo di ala sinistra, a neutralizzare (con successo) Mario Corso, uno dei punti di forza dell’Inter. Un trionfo assoluto con le reti decisive di Romano Fogli e Harald Nielsen per lo 0-2 finale.

La vittoria, senza Renato Dall’Ara

Utilizziamo nuovamente le parole di Gianni Brera per descrivere i due goal bolognesi:

«Punizione da venti metri. Barriera, Bulgarelli tocca a Fogli: destro basso deciso: dice che Facchetti ci mette la punta a peggiorare le cose: vedo Sarti tuffarsi in ritardo (essendo coperto): gol».

E ancora:

«Al 36′, palla-gol da Fogli a Nielsen: sinistro alto. Ma dopo 2’30”, Fogli si ripete e questa volta Nielsen non sbaglia: il suo sinistro è secco e preciso: Sarti fuori causa. I bolognesi si abbracciano festanti: gli interisti scuotono il capo e si seccano. E’ finita. L’ultimo tiro lo sbaglia Suarez. Portano Bernardini in campo e lo issano sulle spalle i bolognesi. La festa incomincia. E noi a casa».

Inizia così la festa di una città che ormai da anni attendeva il settimo scudetto. Purtroppo però Renato Dall’Ara, secondo padre per tutti i giocatori rossoblù, non riuscì a festeggiare l’ennesimo titolo in bacheca. Il presidente fece le spese maggiori di un campionato letteralmente da crepacuore, con una serie di eventi pesanti come un macigno. Il capo tifoso Gino Villani dichiarerà: «Lo hanno fatto morire!», frase dura e figlia della tremenda tensione del momento. Dal 1983 lo stadio di Bologna porta il suo nome e la salma riposa al Cimitero Monumentale della Certosa, a pochi passi dallo stesso impianto. Nel ricordo di una serie di vittorie con l’ultima che, anche non vissuta in prima persona da Dall’Ara, non può non essere collegata alla sua memoria e all’intera, gloriosa presidenza.

 

 

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