Benvenuti a Zemanlandia: il Foggia più bello di sempre

Zeman Foggia
Un giovane Zeman alla guida del Foggia dei Miracoli (fonte: museogrigio.it)

Čestmír Vycpálek è stato uno dei più forti giocatori cecoslovacchi sbarcati in Italia, primo straniero a vestire la maglia della Juventus nel dopoguerra. Centrocampista delle spiccate doti offensive, dopo una stagione in bianconero otterrà la definitiva consacrazione con la maglia del Palermo, vestita per cinque stagioni, per poi terminare la carriera a Parma. Tornerà in Sicilia, per allenare i rosanero, e farà della Trinacria una seconda casa: Siracusa, ancora Palermo (giovanili), Bagheria e Mazara, sempre sulla panchina, portando con sé la propria famiglia in seguito alla Primavera di Praga e l’invasione della Cecoslovacchia da parte dell’Armata Rossa. Nel 1971, arriva la chiamata della Juve, per il settore giovanile, e l’improvvisa morte di Armando Picchi gli spalanca le porte della prima squadra, con cui vincerà due scudetti prima di ritirarsi, dedicandosi al ruolo di osservatore sempre per la Vecchia Signora.

 

Tra i parenti emigrati a Palermo, c’è anche un giovane nipote, figlio della sorella. Discreto giocatore di pallamano, sport in cui ha anche maturato, appena ventenne, le prime esperienze da allenatore, ad appena 22 anni, da studente dell’ISEF, si appresta anche all’avventura sulle panchine del calcio, nella vicina Cinisi. Città che sarà drammaticamente familiare ai Vycpálek: il figlio di Čestmír, Cestino, sarà tra i 115 morti nello schianto del Volo Alitalia 112 sulla Montagna Longa, a pochi passi da Punta Raisi.

 

Zdenek Zeman inizia qui la lunga epopea che lo vede ancora oggi, 47 anni dopo, alla guida di una squadra di massima serie svizzera, il Lugano. Come per zio Čestmír, è la Sicilia ad adottarlo è consacrarlo: grazie all’intercessione del familiare, entra a far parte dello staff delle giovanili del Palermo, ottenendo la prima panchina da professionista col Licata, in C2, nel 1983. Con una squadra interamente composta da giovani locali, ottiene una storica promozione in C1, categoria che manterrà la stagione successiva.

L’exploit in terra licatese gli vale la prima chiamata fuori dall’isola, a Foggia, nel 1986/87. Un’anonima stagione di metà classifica gli costa il posto a 7 gare dal termine, esonerato dal presidente Casillo. Ma sarà la prima di sette, incredibili stagioni coi Satanelli. Sarà Zemanlandia, il Foggia dei Miracoli.

 

L’infruttuosa prima esperienza in B, a Parma, con il secondo esonero in due anni, e l’ottima stagione a Messina, in cui la squadra arriva ottava mostrando un ottimo gioco offensivo, miglior attacco con Schillaci sugli scudi da prima punta, ma una difesa rivedibile (seconda peggiore, preceduta solo dal Barletta), anticipano il dietrofront di Casillo, che, coadiuvato dal ds Pavone, in occasione della nuova promozione del Foggia dalla C1 alla B richiama in panchina il boemo.

Sarà calcio spettacolo: sotto la sua direzione, in B, esploderanno il giovane Mancini tra i pali, oltre al regista Barone, l’ala Rambaudi e la punta Signori. L’ottavo posto dell’89/90 sarà accompagnato dalla promozione in A l’anno successivo: a Rambaudi e Signori, nel consueto 4-3-3, si affianca colui che sarà il capocannoniere del campionato, Ciccio Baiano. Ben 67 reti segnate complessivamente, delle quali 22 portano la firma del bomber appena acquistato dall’Avellino.

Numerose sono le vittorie casalinghe con largo scarto: 5-0 sia all’ex squadra di Baiano che al Cosenza, 5-1 alla Triestina, in un Zaccheria quasi inespugnabile: 14 vittorie, 4 pareggi e un solo ko, subito dal Messina, in 19 gare.

Il raggiungimento della massima serie viene festeggiato con gli arrivi, dall’estero, di Dan Petrescu, esterno di fascia già protagonista in Coppa dei Campioni con la Steaua Bucarest, mentre dalla Russia arrivano i due Igor, Shalimov e Kolyvanov, già protagonisti a cavallo dell’estate 1990 con la vittoriosa cavalcata dell’Under 21 sovietica.

Il gioco sarà spumeggiante: i terzini Codispoti e Petrescu spingono come forsennati sulle fasce, Barone in mezzo al campo garantisce l’equilibrio, mentre al suo fianco Shalimov mette in mostra uno spiccato senso del gol. Là davanti, il tridente Signori-Baiano-Rambaudi è implacabile. La squadra sfiora una clamorosa qualificazione in UEFA, arrivando nona a fine campionato. L’attenzione pubblica si trattiene sul Tavoliere, ad elogiare il brio offensivo della squadra, e non manca l’intervento della Gialappa’s, che crea un personaggio ad hoc per la realtà foggiana, il tifoso Frengo, impersonato da Antonio Albanese.

 

Nell’annata successiva, con Casillo coinvolto in grane giudiziarie a causa di un sospetto concorso esterno in associazione mafiosa, partono quasi tutti i big: Shalimov viene acquistato dall’Inter, Signori dalla Lazio, Baiano dalla Fiorentina, mentre Rambaudi si accasa all’Atalanta. La squadra incassa ben 57 miliardi di lire dalle cessioni, reinvestendone 18 in numerose scommesse delle serie inferiori, alcune fruttuose: vedi alla voce Gigi Di Biagio, che avrà una carriera luminosa in seguito nel ruolo di centrocampista, o il compagno di reparto Andrea Seno, futuro interista. L’attacco, invece, è stranamente, per le squadre di Zeman, infruttuoso: capocannoniere sarà Bresciani, con appena 6 reti, mentre saranno numerosi i colpi sbagliati, su tutti il costaricense Medford, autentica meteora. La squadra, nonostante tutto, si salva, ottenendo l’undicesimo posto in classifica, alla pari del Napoli.

 

La stagione 93/94 vedrà il Foggia rilanciarsi in campionato: l’olandese Roy, acquistato l’estate precedente, viene impiegato con maggiore continuità al fianco di Bresciani e Kolyvanov, e ripaga l’allenatore con 12 reti. In cabina di regia incanta Stroppa, affiancato dai mastini Di Biagio e Seno, mentre in difesa El Flaco Chamot, arrivato dal Pisa, garantisce affidabilità. Ancora una volta l’Europa è ad un passo, ma sfuma nell’ultima gara di campionato, persa in casa contro il Napoli, ultima delle qualificate in UEFA con appena tre punti di vantaggio.

 

A fine stagione, Zeman lascia per la Lazio. E, per il Foggia, sarà l’inizio del tracollo: retrocessione nell’anno successivo, con la A che non sarà mai più raggiunta.

 

La storia, però, non può terminare con un finale così cruento: la carriera di Zeman prosegue tra alti e bassi, tra numerose squadre, quella dei rossoneri, parallelamente, dopo la retrocessione in C1 nel 1997, si stabilizza tra la terza e la quarta categoria professionistica.

Casillo, assolto dalle accuse pendenti sulla sua testa, riacquista il Foggia e, nel 2010, richiama con sè il direttore sportivo Peppino Pavone e lui, Zdenek. Il trio si ricompatta, e la città è in visibilio.

L’esperienza si chiuderà con un sesto posto, a pochi passi dai play-off, lanciando numerosi giovani che oggi giocano nel massimo campionato, o vi hanno giocato: su tutti Lorenzo Insigne, ma senza dimenticare Marco Sau, Vasco Regini, il centrale del Carpi Simone Romagnoli e Bartosz Salamon, attualmente al Cagliari, così come Diego Farias.

A fine stagione, Zeman passerà in B, al Pescara, insieme ad Insigne: sarà Serie A al primo tentativo, con la squadra sospinta dalle reti di Immobile (28) e dal fosforo di Verratti a metà campo.

 

Non basta una mano per contare i talenti lanciati nel grande calcio da Zdenek Zeman, oppure quelli che con lui sono definitivamente esplosi, chiaro segnale di quanto il suo 4-3-3 abbia influito nel calcio italiano. E Foggia, ancora oggi, lo ricorda con un affetto quasi incondizionato, contraccambiato dall’allenatore, come dimostrato da alcune dichiarazioni pubbliche.

Perchè, in fondo, dietro un aspetto serio, silenzioso e quasi mai sorridente, c’è un Satanello in Zeman

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