

Il campionato FIGC di futsal dell’Emilia-Romagna vede partecipare il Progetto Giocare Liberi, la squadra della comunità Papa Giovanni XXIII. La storia della squadra di Durazzanino, a pochi chilometri da Forlì.
Giocare la domenica mattina
Corre la stagione 2014-15 quando nel panorama del calcio a 5 romagnolo, in Serie D, si affaccia una nuova realtà. Ciò che desta curiosità è l’insolito orario di gioco, fissato alle 9.30 di domenica, assolutamente atipico nel mondo del futsal se non a livello giovanile.
Pur senza colpe, i ragazzi che giocano sotto l’insegna del Forlimpopoli Calcio hanno già attirato intorno a sé qualche antipatia. Il campionato, pressappoco amatoriale, è scarsamente propenso ad adattarsi a partite mattutine, preferendo più comodi match pomeridiani.
Malumori che tuttavia svaniscono col tempo, anche grazie alla grandissima correttezza mostrata sul terreno di gioco dai giocatori artusiani. Poi perché, nonostante l’orario, si gioca al chiuso, in uno Palazzo dello Sport nemmeno paragonabile ai numerosi campi sintetici all’aperto della categoria, non sempre di grande qualità. Infine, perché la tribunetta in ferro ai lati del campo è sempre gremita e calorosa.
Il Progetto Giocare Liberi
Risulta spontaneo chiedersi come mai ci sia tutto questo affetto mostrato nella squadra, perlopiù in una categoria in cui il pubblico è spesso latente. E qui arriva la grande sorpresa: quasi tutti i giocatori della squadra fanno parte del Progetto Giocare Liberi.
Un’iniziativa nata all’interno della sede di Durazzanino, a pochi chilometri da Forlì, della comunità Papa Giovanni XXIII. Un centro che da anni lavora nella lotta alle tossicodipendenze usando lo sport come mezzo finalizzato al recupero educativo, terapeutico e riabilitativo della persona. In questo caso, nello specifico, il calcio a 5.
La responsabile del progetto è la dottoressa Elide Carrozza, che è possibile vedere frequentemente al seguito della squadra. Spesso e volentieri Elide siede anche in panchina quale dirigente accompagnatrice, in occasione delle partite di campionato, insieme al marito Massimo Marozzi. Il quale, invece, riveste la carica di allenatore.
Il racconto del progetto
«Già da 20 anni», racconta la dottoressa, «cerchiamo di utilizzare lo sport quale strumento atto alla prevenzione del fenomeno. Il nostro obiettivo è aiutare tutti quei ragazzi che hanno avuto disagi relativi all’uso di sostanze psicotrope al fine di trarre, in maniera facilmente comprensibile, la necessaria consapevolezza di sé in un ambito trasferibile alla vita di tutti i giorni. A maggior ragione una disciplina di squadra aiuta il singolo ad emergere positivamente. Proprio per questo, quattro anni fa, abbiamo iniziato ad avvicinarci al mondo dal calcio a 5 con un campionato amatoriale, per poi passare al federale nella stagione successiva».
I risultati del Progetto Giocare Liberi, peraltro, non tardano ad arrivare. Dopo una stagione di ambientamento gli Orange, come gli stessi ragazzi amano definirsi a causa del colore delle divise, iniziano a giocare al sabato. La squadra lotta per la promozione diretta per buona parte della stagione: solo un cedimento nel finale costringe la squadra alla terza posizione. Ma ai play-off lo spirito combattivo emerge. Nella finale, giocata in trasferta nella palestra della vicina Riolo Terme, arriva un 3-7 che catapulta il Forlimpopoli in C2. Una vittoria arrivata grazie non solo ai pur validi mezzi tecnici, ma anche a un’inossidabile unità del gruppo.
La squadra del Progetto Giocare Liberi
«Eccetto due giovani aggregati alla rosa e il responsabile della casa famiglia tutti i componenti del progetto vivono all’interno della comunità», prosegue Elide Carrozza. «Qui, frequentemente, vengono svolti degli incontri in cui alle tattiche di gioco si affianca una fase di riflessione rispetto al singolo, nella sua personalità, e al proprio apporto donato al collettivo. Credo che buona parte del risultato sportivo da noi ottenuto derivi dall’insieme delle cose, e il successo della scorsa stagione ne è la dimostrazione».
«Crescere ancora non può che farci piacere. Al di là del risultato del campo, infatti, ci permette di avere un miglior contesto di integrazione con realtà e ragazzi esterni. Per me, comunque, l’aspetto terapeutico ha la priorità sul risultato finale, e credo che i ragazzi la pensino come me. Anche se, vedendo con quale euforia reagiscono alle vittorie, non ne sono così sicura… (ride, ndr)».
Negli anni il Forlimpopoli si è stabilizzato in categoria. Nel 2020-21 è arrivata anche una promozione in C1, massima categoria regionale. Il Progetto Giocare Liberi può continuare a sognare?