Massimiliano “Max” Bellarte, il filosofo del calcio a 5

Max Bellarte CT nazionale
Max Bellarte CT nazionale
Max Bellarte: il tecnico pugliese, soprannominato “Il Filosofo”, è arrivato a guidare la Nazionale di calcio a 5 (fonte: divisionecalcioa5.it)

Massimiliano “Max” Bellarte, allenatore classe 1977, è partito dalle categorie regionali per arrivare, nel 2020, alla guida della Nazionale italiana di futsal. Avevamo intervistato il tecnico pugliese nel 2016: riportiamo il contenuto di quella chiacchierata…

 

Dimmi cos’è il futsal…

È difficile spiegare il futsal a chi non lo abbia mai praticato. Ed è ancora più difficile parlarne.

Dimenticate il vecchio stereotipo per cui il calcio a 5 è uno sport uguale al calcio a 11, ma praticato in campi più piccoli, con porte più piccole. Esso ha subito un evoluzione tale che, al giorno d’oggi, è il football a trarre giovamento dagli insegnamenti dei colleghi minori. Sempre più spesso vediamo emergere grandi talenti passati, in gioventù, dal futsal, e allo stesso tempo all’interno degli staff degli allenatori delle massime categorie sono sempre più presenti personaggi che hanno avuto a che fare con il 40 x 20.

Uno degli esempi più noti è quello di Riccardo Manno, ex collaboratore di Menichelli in Nazionale che nel 2013 è entrato a far parte dello staff tecnico di Montella. Quando chiediamo a Massimiliano Bellarte, plurititolato allenatore di futsal, se sia propenso a compiere questo passaggio, lui ci risponde così.

«In futuro sarei propenso a lavorare in qualsiasi posto che possa darmi interesse e fornire stimoli alla mia voglia di migliorarmi. Entrare nello staff di squadre di calcio a 11 mi è già stato proposto, ma credo che la voglia di avere un ruolo di leader sia ancora forte per essere abbandonata. Cercherò di viverla finché me ne sarà data la possibilità».

Max Bellarte, dalla Serie C alla massima serie

Innanzitutto, spieghiamo chi è Massimiliano Bellarte.

Nato nel 1977 a Ruvo Di Puglia, in provincia di Bari, è uno dei migliori allenatori sul palcoscenico mondiale. A confermarlo la nomination nella top ten agli Agla Futsal Awards nel 2014, l’equivalente del Pallone D’Oro. Ha intrapreso la carriera sulla panchina ad appena 27 anni, nel 2004, in seguito ad una discreta carriera da giocatore nei campionati regionali e a un incidente stradale che ne ha compromesso la prosecuzione. L’avventura da tecnico inizia proprio nella sua città, vincendo il campionato regionale di C1. Al primo colpo.

Nella successiva esperienza a Modugno, sempre nell’hinterland barese, ottiene subito la promozione dalla B all’A2, sfiorando il doppio salto. Che a titolo personale non tarderà ad arrivare, con la chiamata dell’Acqua e Sapone di Città Sant’Angelo, in Abruzzo, nel 2011. La collaborazione tra la sua società e il vicino Montesilvano, nel 2013, gli porterà in dote fior di campioni come Stefano Mammarella, due volte miglior portiere al mondo (2012 e 2014), l’italo-brasiliano Calderolli e il nazionale argentino Cuzzolino, poi campione del mondo. Alla prima stagione, sarà Coppa Italia e finale scudetto, persa a gara 5 (nel futsal vince lo Scudetto la squadra che per prima totalizza 7 punti nello scontro diretto) contro la Luparense.

Nell’estate del 2016, le strade dell’Acqua e Sapone e di Massimiliano Bellarte si sono separate, con il successivo passaggio del tecnico alla squadra belga dell’Halle Gooik, già vista all’opera in UEFA Futsal Cup contro il Real Rieti.

Un tecnico… social

Bellarte, inoltre, è uno degli allenatori più attivi sulla rete. Gestisce personalmente la sua pagina Facebook, con circa 7000 seguaci, nella quale parla indistintamente di concetti tattici, tecnici ed emozionali riguardanti non solo il calcio a 5 ma lo sport in generale. La sua abilità nello scrivere e raccontare quest’universo gli è valso non solo il soprannome Filosofo, ma anche la possibilità di parlare di futsal sul sito del giornalista Sky Gianluca Di Marzio.

Questi, ed altri motivi che leggerete in seguito, ci hanno spinto a sottoporlo al torchio delle nostre domande. Capirete dalle risposte il perché del nomignolo che gli è stato affibbiato..

L’intervista

Cosa ti ha spinto a sederti su una panchina di futsal, da giovanissimo? Prima di farlo, avevi già iniziato a studiare da mister?

«In realtà giocavo nella squadra della mia città, studiavo e lavoravo, ma mi ha sempre attirato la postura dell’allenatore, in qualsiasi sport. Ho iniziato a farlo con le categorie giovanili, poi le donne, il tutto mentre giocavo e poi con una squadra senior maschile, dopo che un incidente stradale mi ha spinto ai limiti. Ho fatto quello che mi piaceva, interrompendo tutte le altre attività: ho iniziato a studiare e cercato di trasmettere».

Ruvo di Puglia, Modugno ed Acqua e Sapone, prima dell’Halle Gooik. Ovunque sei andato, hai migliorato le sorti della società rispetto a chi ti ha preceduto. Cosa c’è alle spalle di questi successi?

«Mi importa che ovunque sono stato abbia lasciato qualcosa di me, che sia stato in titoli e che sia stato in rapporti personali. Il successo marca la vita e la storia, ma non il tempo. Ecco dietro qualcosa che riesce c’è sempre il tempo che si è dedicato affinché quella cosa riuscisse, e quel che ti rimane è sempre del tempo, quello che hai vissuto tentando di costruire qualcosa e quello che ti rimane quando quel qualcosa la lasci vivere lontana da te».

Qual è il calciatore più forte che tu abbia mai allenato o che comunque ti abbia più impressionato? E quello più forte che hai affrontato da avversario?

«Di calciatori forti ne ho allenati tanti per quella che è la mia pietra di paragone. E ne ho affrontati tantissimi, sempre per la stessa pietra di paragone. Ma credo che nella valutazione sportiva, ascoltare e comprendere dovrebbero rappresentare la prima operazione selettiva, visto che qualcuno lo sa fare ed altri meno. Ecco, qui il numero dei giocatori forti, già si riduce».

Hai avuto, o hai tutt’ora, dei punti di riferimento a cui ti ispiri nelle tue metodologie di lavoro?

«I punti di riferimento sono tanti. Tutti quelli a cui posso rubare qualcosa per trasformarla, modificarla, foraggiarla, integrarla nel mio pensiero. Guardiola, Bielsa, Messina, Popovich, Velasco, Mourinho, Lillo, Cruijff, Tuchel, John Wooden e tantissimi altri, per parlare solo di chi ha avuto un ruolo di allenatore. L’approccio credo debba essere multidisciplinare e soprattutto credo fermamente che un allenatore debba avere diversi modi di parlare, di agire e di reagire, non fosse altro perché i giocatori percepiscono le cose in maniera differente».

Come vedi, al momento, il movimento del futsal italiano? Cosa, secondo te, andrebbe migliorato?

«Di solito questa domanda cerco di non farmela, cerco di non vederlo ma di viverlo. Sperando di viverlo meglio ogni anno che passa e contribuire affinché questo si migliori sempre. Spesso non riuscendoci però».

Consiglieresti alle squadre di calcio a 11 di investire, specie nei vivai, sul futsal, come accade in altri paesi? Ci sono alcuni aspetti del futsal che secondo te potrebbero essere “impiantati” nel calcio e viceversa?

«Il Futsal fornisce già tanto al calcio, soprattutto per quei tecnici che hanno appunto un approccio multidisciplinare e prendono dal Futsal tante piccole dinamiche di costruzione del gioco, utili allo sviluppo della fase offensiva e delle varie sotto-fasi. Investire su tecnici di Futsal, soprattutto nei settori giovanili, potrebbe essere una cosa interessante».

Sei ancora molto giovane. Quali sono i progetti per il futuro? E le ambizioni/sogni nel cassetto?

«I sogni sono una ribellione del cervello. E il mio si ribella ogni istante. Se il mio futuro fosse più simile ad una cartolina di Copacabana ci andrei più volentieri, ma visto che non è così, rimango nel presente, attento ad ogni minima ribellione del mio cervello»

Ringraziamo mister Massimiliano Bellarte per la disponibilità accordataci, e speriamo che le ribellioni del cervello lo portino a raggiungere quei, a dire il vero pochi, traguardi appena sfumati in carriera. Per scaramanzia, non osiamo nominarli…

 

 

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