I grandi numeri 10: Alvaro Recoba, l’ultimo tango (Parte 2)

Alvaro Recoba addio al calcio a Montevideo
Alvaro Recoba nel giorno del suo addio al calcio (fonte: cno-webtv.it)

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“Un, dos-tres, cuatro. Un, dos-tres, cuatro. Un, dos-tres, cuatro”.

Prime partite con tanta panchina e tribuna, fugaci apparizioni con il Parma e il Torino prima della decima giornata: Inter e Lecce sono già sul 5-0, in una partita senza storia. Fuori Ronaldo, al 60′, per una distorsione al ginocchio. La diagnosi iniziale parla di 2 mesi di stop, ma diverranno ben sei, prima tappa del calvario del Fenomeno. Al suo posto, dentro Alvaro, al quale bastano 5 minuti per mettere, a modo suo, la firma sulla partita. Savino viene letteralmente ridicolizzato a messo a sedere, Chimenti battuto con un tocco morbido.

Ecco, dopo il passo lento del tanghero, l’improvvisa accelerazione: nelle due partite successive, con Reggina e Udinese, altre due reti. Sarà una stagione positiva, finalmente, in maglia neroazzurra: dalla decima giornata in poi, da titolare o da riserva, giocherà tutte le gare. 27 presenze e 10 reti, con la squadra che arriva quarta in classifica a pari punti col Parma, aggiudicandosi lo spareggio per l’accesso in Champions, e in finale di Coppa Italia contro la Lazio. Nella gara di andata, Lippi rilancia il rientrante Ronaldo, che dopo 6 minuti si accascia a terra, tra le lacrime. Lo stesso ginocchio che lo aveva costretto allo stop sei mesi prima si accartoccia: di nuovo ai box, stavolta per un anno.

La sconfitta della Juve a Perugia, con la contemporanea vittoria della Lazio sulla Reggina, assegna il titolo ai biancocelesti: questo vuol dire che l’Inter giocherà la Supercoppa Italiana.

Ma prima, è la volta della Champions, col sorteggio che riserva l’apparentemente abbordabile Helsingborg. In Svezia, però, finisce 1-0, e la gara di ritorno, a Milano, è decisiva. All’ultimo minuto, pasticcio di Nilsson in area: tocco di mano e rigore. Dal dischetto va proprio Recoba, che calcia anche abbastanza bene, ma Andersson si distende superbamente alla sua destra e para. Inter eliminata e costretta all’UEFA.

Alvaro non giocherà la Supercoppa, anch’essa persa per 4-3, ma sarà in campo, da titolare, alla prima di campionato, a Reggio Calabria. 10 minuti e va già in gol, ma Marazzina prima e Possanzini poi ribaltano il risultato. Dopo l’inizio pessimo, Lippi viene esonerato, dentro Tardelli, reduce dalla vittoriosa esperienza con l’Under 21 e dall’Olimpiade di Sydney. Moratti chiede al nuovo mister di mettere el Chino al centro del progetto, responsabilizzandolo con un rinnovo contrattuale a doppia cifra: ben 16 (!) miliardi di lire all’anno, che ne faranno il giocatore più pagato al mondo fino al 2003.

E di nuovo spazio al passo lento: dalla seconda gara in poi, va quasi sempre in campo, giocando spesso tutti e novanta i minuti, ma senza incidere più di troppo. Complessivamente, 30 presenze e 7 reti.

Nel frattempo, a Gennaio è scoppiato lo scandalo passaporti falsi, e la sentenza definitiva arriva nell’estate 2001: 1 anno di squalifica, poi patteggiati a 6 mesi. Rientrerà solamente a Dicembre, sotto la guida di Hector Cuper, alternando le solite pause a momenti di libidine calcistica, come con le due doppiette consecutive contro Lecce e Roma. Sarà in campo anche nel tragico, per i tifosi interisti, 5 Maggio. Spento, abulico: le pagelle dei quotidiani del giorno dopo oscilleranno tra l’impietoso 3,5 e il 4,5.

Le stagioni seguenti confermeranno il solito ruolino di marcia per Recoba: il classico intelligente (in questo caso bravo) ma non si applica con cui i professori tendono ad etichettare i propri alunni mediamente bravi. Calciopoli gli regalerà il primo scudetto, nel 2006, mentre si prenderà il secondo sul campo, nel 2007. Solo una rete, in quella stagione, ma che rete quella all’Empoli…

In Argentina e Uruguay, questo colpo viene chiamato gol olimpico: il primo a realizzare direttamente dalla bandierina fu tale Césareo Onzari, argentino, che nel Settembre 1924 decise con un tiro a rientrare, dal corner, l’amichevole contro i campioni olimpici in carica. A Parigi, pochi mesi prima, sospinti dal formidabile Andrade, vinsero proprio gli uruguagi…

Recoba, dopo dieci anni di militanza nerazzurra intervallati dai sei mesi veneziani, lascia il Meazza nell’agosto del 2007. Un anno a Torino, uno e mezzo in Grecia, al Panionios, per poi tornare a casa, in Uruguay, a Gennaio 2010, ripercorrendo le tappe di inizio carriera: Danubio e Nacional, le squadre che lo lanciarono nel calcio che conta.

E ripagando gli spettatori con pochissima corsa, ma con le solite accelerazioni. Stavolta non sue, con i piedi, ma quelle dei tifosi, a livello cardiaco.

“Un, dos-tres, cuatro. Un, dos-tres, cuatro. Un, dos-tres, cuatro”.

Il 14 Giugno del 2015, Alvaro si ritira dal calcio giocato, vincendo il suo secondo titolo nazionale uruguayano con la maglia del Nacional, dopo i due italiani. Organizzando, però, l’ultimo tango al Gran Parque Central, nella notte tra il 31 Marzo e l’1 Aprile del 2016. E i tifosi gli hanno risposto così…

C’è giusto il tempo per l’ultima rete, dal dischetto, sotto quella stessa curva dei tifosi del Tricolor che lo aveva consacrato nel lontano 1997. Il portiere di fronte a lui, un certo Francesco Toldo, ha la fama del pararigori, ma non si muove nemmeno. Anche se l’avesse fatto, però, difficilmente avrebbe parato.

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