

Se, nel 1996, l’Europeo si era giocato nella casa del calcio, l’edizione 2008 si disputerà in casa…dell’Europa calcistica.
Già, perché la Svizzera, paese in cui ha sede l’UEFA, torna ad ospitare un grande evento calcistico per nazionali dopo il Mondiale 1954: per farlo, però, è necessaria l’alleanza della vicina Austria, già tra le candidate, insieme all’Ungheria, ad ospitare l’Europeo 2004.
Se, però, per gli eredi di Sissi, la riproposizione di quell’alleanza austro-ungarica, che fece le fortune dell’Impero Asburgico fino ad un centinaio di anni prima, non ebbe seguito di fronte ai voti dei delegati che preferirono il Portogallo, questa volta quella con gli elvetici ha successo: a premiare i due paesi è un’impiantistica di primo livello, caratterizzata da un mix tra stadi storici, come il Prater (dal 1993 ribattezzato Ernst-Happel Stadion), ricostruiti sin dalle fondamenta, come accaduto al Letzigrund di Zurigo (che, curiosamente, non avrebbe dovuto ospitare l’Europeo, in quanto come impianto cittadino era stato selezionato l’Hardturm, anch’esso da ricostruire, ma il progetto fu bloccato a causa dell’opposizione dei vicini, affiancati dai gruppi ambientalisti) e creati ex novo, per un totale di 8 campi, 4 per stato.
Il fattore stadi, dunque, si rivela determinante: non solo garantisce l’Europeo alle due nazioni mitteleuropee, ma allo stesso provoca il ritiro di un’altra autorevolissima opzione, quella di Scozia e Irlanda. Uno dei terreni di gioco selezionati dal Comitato Organizzatore, il Croke Park, è il tempio degli sport gaelici ed è di proprietà della GAA (Gaelic Athletic Association), la quale ha uno statuto interno che vieta l’uso delle strutture per scopi non inerenti l’associazione: il calcio, ovviamente, è tra le discipline escluse.
Così, con Austria (alla prima partecipazione assoluta) e Svizzera già qualificate, i posti da redistribuire tramite le qualificazioni si riducono a 14, assegnati tramite una suddivisione delle 50 partecipanti in 7 gironi. La più grande novità è la presenza del Kazakistan, unica squadra presente nell’ottava urna, appena entrata in UEFA dopo aver disputato sotto l’AFC, in Asia, qualificazioni ai Mondiali e ai tornei continentali.
Si assiste, dunque, a gironi affollati e caratterizzati dal passaggio diretto di due squadre, con l’assenza di spareggi. Ciò finisce per favorire le teste di serie, con le squadre delle prime due fasce che si qualificano quasi in blocco (13 su 14) evitando eccessive sorprese.
La Polonia, già piazzatasi terza a ben due edizioni dei Mondiali e partecipante agli stessi nel 2002 e nel 2006, vince il girone A davanti al Portogallo e si qualifica per la prima volta, mentre nel gruppo B Italia e Francia, finaliste nel 2006 a Berlino, approfittano del ko della Scozia in Georgia (a segno un giovanissimo Mchedlidze, oggi come allora in forza all’Empoli) per scardinare le resistenze della rivale a sorpresa. La Grecia detentrice, dopo la mancata qualificazione al Mondiale, stacca il pass insieme alla Turchia, stesso destino per Repubblica Ceca e Germania, Spagna e Svezia, Romania e Olanda.
Avevamo sottolineato come una delle teste di serie non si fosse qualificata, e a non farcela è un pezzo grosso: la Russia, vincendo ad Andorra, va all’Europeo direttamente dalla terza fascia, lasciando Inghilterra e Croazia a giocarsi l’ultimo posto disponibile in uno scontro diretto a Wembley, che vede i sudditi della Regina a -3 e costretti a vincere. Dopo 14 minuti però, i balcanici sono avanti per 2-0. Lampard e Crouch riaccendono le speranze, agguantando il pari, ma il gol di Mladen Petric determina il 2-3 finale e la clamorosa eliminazione della squadra di McClaren, a favore, dunque, della Croazia.
Non manca certo l’entusiasmo ai due paesi organizzatori. Nella prima giornata, però, cadono sia Svizzera che Austria, battute entrambe per 1-0 da Repubblica Ceca e Croazia. Perdendo anche la seconda gara, contro la Turchia, gli elvetici, inseriti nel gruppo A, vengono eliminati con un turno d’anticipo. La vittoria contro il Portogallo, già certo del primo posto, funge da palliativo alle delusioni dei tifosi locali. Ai lusitani, si affianca, ai quarti, la Turchia che, sotto 2-0 con la Repubblica Ceca, ribaltano il risultato vincendo 3-2 grazie alla doppietta di Nihat nei minuti finali.
Se l’Austria, invece, alla vigilia confidava di poter chiudere quantomeno al secondo posto alle spalle dei cugini tedeschi, il ko dell’esordio subito dai croati è un macigno per il morale. Per risollevare i calciatori compatrioti, la fabbrica di birra Ottakringer offre un premio…singolare: una fornitura di birra a vita per chiunque segnerà la prima rete.
Contro la Polonia il traguardo sembra sfuggire, con la squadra sotto di una rete a causa del gol dell’oriundo Roger Guerreiro, alla seconda presenza con i rossi, e con un Boruc in giornata di grazia tra i pali dei polacchi. Il britannico Webb, però, assegna ai locali un rigore al 93′. Dal dischetto, si presenta un altro giocatore nato in un paese diverso da quello con cui sta giocando. Tuttavia, non si tratta di un quasi esordiente, anzi. È il più anziano giocatore dell’Europeo, che difende i colori dell’Austria dal 1996, pur essendo nato a Spalato, in Croazia.
Ivica Vastic, dal dischetto, ha sbagliato raramente, in carriera. 46 rigori segnati su 49. E, anche questa volta, si dimostra infallibile. L’1-1 finale, peraltro, tiene in gioco la sua nazionale, perché, nel pomeriggio, la Croazia ha sorpreso la Germania per 2-1, garantendosi i quarti con una giornata d’anticipo. Il ko firmato Ballack, però, spegne i sogni di gloria.
La Spagna, tradizionalmente grande assente nei momenti che contano delle grandi competizioni internazionali, domina il proprio gruppo vincendo 3 gare su 3, e passa ai quarti anche la Russia, che nonostante l’assenza del bomber Pogrebnyak, capocannoniere dell’ultima Coppa UEFA ed infortunatosi alla vigilia, si sbarazza prima della Grecia e poi dell’Austria.
L’Italia, priva di capitan Cannavaro, la cui caviglia va ko pochi giorni prima dell’Europeo in uno scontro con Chiellini, rivela già all’esordio tutte le sue fragilità difensive: l’Olanda ci annienta per 3-0. Il pareggio contro la Romania, con l’arbitro norvegese Ovrebo che prima annulla un gol regolare a Toni e poi assegna (questa volta correttamente) un rigore ai nostri rivali, parato da Buffon su Mutu, ci tiene miracolosamente in gioco. L’ombra del biscotto, però, torna a farsi minacciosa: la classifica dice Olanda 6, Romania 2, Italia e Francia 1, con le prime due che si affrontano all’ultimo turno. Una vittoria della Romania contro gli orange di Van Basten ci estrometterebbe dalla competizione, con qualsiasi finale sul nostro campo.
Fortunatamente, però, nelle due gare giocate in contemporanea, l’Olanda vince 2-0, stesso risultato dell’Italia sui cugini d’Oltralpe. Andiamo ai quarti.
Gli accoppiamenti del primo turno ad eliminazione diretta vedono sopravanzare tutte le seconde classificate, nei primi tre giorni. La Germania elimina il Portogallo vincendo 3-2, la Russia sorprende l’Olanda ai supplementari (3-1), mentre Croazia e Turchia danno vita ad una partita che si infiamma dopo 119 minuti: il gol di Klasnic sembra chiudere la contesa, ma durante il recupero, concesso a causa del prolungarsi dei festeggiamenti, Semih Senturk ristabilisce la parità, confermando, come nei gironi, che i turchi non mollano mai. E, dal dischetto, saranno loro a passare il turno.
L’ultimo quarto è quello tra noi e la Spagna. Ma il nostro sogno si infrange sui rigori sbagliati da De Rossi e Di Natale, a fronte del solo errore di Guiza, e Fabregas, segnando, chiude la contesa prima ancora del quinto rigore azzurro.
Travolgendo la Russia per 3-0, gli iberici vanno in finale, dove affronteranno la Germania, che elimina la Turchia al termine della solita, entusiasmante partita della banda di Fatih Terim. Finisce 3-2, in una partita che i telespettatori italiani ricorderanno per i frequenti problemi alla trasmissione video che, ad un certo punto, costrinsero la RAI alla diretta della radiocronaca di Emanuele Dotto. E, questa volta, il gol allo scadere i turchi lo subiscono, siglato da Lahm al 90′.
Il gol di Fernando Torres al 32′ porta la Spagna al suo secondo titolo continentale, dopo la vittoria del 1964, con il titolo dedicato ad Antonio Puerta, terzino del Siviglia già nel giro della nazionale tragicamente scomparso in seguito ad un malore in campo durante una partita di campionato.
Sarà anche l’ultima partita in cui andrà in distinta, per la Roja, il promettente Ruben De La Red che, due mesi dopo, sarà colto da una sincope in campo giocando con la maglia del Real Madrid. Si salverà, fortunatamente, e, dopo due anni di stop forzato, non scenderà mai più in campo. La vita, in fondo, vale più di una partita di calcio.