

Paesi Bassi e Belgio sono chiamate ad ospitare l’evento più caldo dell’estate calcistica europea. E’ la prima volta che due federazioni nazionali e due stati differenti organizzano la fase finale dei Campionati Europei di calcio.
Euro 2000 è anche l’ultimo campionato europeo del XX secolo e, calcisticamente parlando, è lo spartiacque tra gli anni ’90 e i nascenti anni duemila.
Qui si sono confermati giocatori che erano considerati astri nascenti del calcio mondiale, individualità del calibro di Henry, Trezeguet, Gerrard, Beckham, Raùl e Totti, che si sono rivelate leggende del calcio contemporaneo, consolidate certezze quali Kluivert, Zidane, Del Piero, Davids, Seedorf o hanno fatto capolino in sordina future colonne portanti delle proprie nazionali, come Casillas, Chivu e Ballack.
Hanno fatto una delle loro ultime apparizioni in campo internazionale anche autentiche leggende viventi come Peter Schmeichel, Fernando Hierro, Paolo Maldini, Lothar Mattheus e Oliver Bierhoff. Abbiamo visto in campo anche giocatori importantissimi, amati ed odiati per le loro prodezze ed i loro errori madornali, come David Seaman oppure si sono palesati sul rettangolo verde fenomeni mai troppo celebrati, che per una sera hanno mandato in visibilio milioni di persone e gettato nello sconforto un’intera nazione, come Francesco Toldo, titolare quasi per caso.
Quest’oggi però vogliamo trattare della rappresentativa jugoslava, una nazionale ancora sconvolta dalle guerre che hanno coinvolto i balcani ed ancora in via di assestamento.
Euro 2000 infatti, è la prima partecipazione della nuova Jugoslavia ai campionati europei, essendo stata esclusa da Euro 96, come punizione per i conflitti bellici degli anni ’90.
La selezione jugoslava non è da confondere con la celeberrima Jugoslavia che ha giocato dal 1920 al 1992, che riuniva i giocatori più forti di Slovenia, Croazia, Macedonia, Bosnia Erzegovina, Serbia e Montenegro.
Questa Jugoslavia comprende solamente giocatori serbi e montenegrini. L’ulteriore divisione tra Serbia e Montenegro avverrà solo nel 2007.
Come abbiamo imparato a conoscere durante le nostre precedenti storie, le sfere del sorteggio anche stavolta hanno consegnato agli almanacchi una sfida ostica, non sotto il punto di vista prettamente calcistico, bensì dal punto di vista emotivo e storico.
La nazionale della Slovenia è alla prima partecipazione di un’importante fase a gironi, dai tempi della sua istituzione, nel 1993 e, nella partita inaugurale, deve affrontare i cugini serbo-montenegrini della Jugoslavia.
Allo Stade du Pays de Charleroi, alle 20:45 del 13 giugno 2000, il direttore di gara portoghese Pereira dà inizio ad un match memorabile.
La piccola selezione slovena, dopo due terzi di gara, ha già archiviato la pratica Jugoslavia, mettendo in ginocchio la squadra allenata dal Maestro Vujadin Boskov.
Quando tutto sembrava perduto, in sei minuti Savo Milosevic, la punta di diamante della squadra, e Drulovic, andarono a bersaglio per 3 volte, portando il risultato in equilibrio sul 3-3.
L’orgoglio jugoslavo era vivo e vegeto. La squadra di Boskov mise in mostra un grande carattere, unito ad una voglia di riscatto incredibile.
L’indomani mattina, in patria, lo stesso Vuja e Sinisa Mihajilovic erano sul banco degli imputati. Il primo per l’atteggiamento rinunciatario dei suoi durante i primi sessanta minuti di gioco, il secondo per aver favorito il goal del 3-0 sloveno, coronato poi dall’espulsione.
Mister Boskov, al termine della partita, rilasciò queste dichiarazioni alla stampa, non tradento affatto il suo stile: “Siamo stati molto sfortunati all’inizio, molto fortunati alla fine”.
Cinque giorni dopo, la Jugoslavia passò per 1-0 contro la Norvegia, cortesia del buon Milosevic, presentandosi alla sfida decisiva con la Spagna da prima nel girone, con quattro punti in classifica.
Il girone era combattutissimo e la classifica recitava così:
Infatti, la Norvegia battè al primo turno la Spagna per 1-0, che ebbe a sua volta ragione della Slovenia per 2-1.
La più tranquilla, ma neanche tanto, era la Jugoslavia. Una sconfitta contro la Spagna, ed una simultanea vittoria della Norvegia sulla Slovenia, avrebbe sbattuto fuori dalla competizione Mihaijlovic e compagni.
Un pareggio, sarebbe comunque stato sufficiente.
Bene, al termine di una combattutissima partita, il tabellone luminoso allo Sclessin Stadion di Liegi, teatro della sfida contro la Spagna, recitava 4-3 per gli iberici. La Jugoslavia, sempre in vantaggio di una rete, si era sempre fatta raggiungere. Sul 3-2, la Spagna prima agguantò il pareggio al novantesimo con un rigore di Mendieta, poi, al termine dei cinque minuti di recupero, riuscì a segnare la rete del 4-3 finale, acciuffando in extremis la qualificazione.
Passaggio ai quarti di finale che venne raggiunto anche dalla corazzata serbo-montenegrina, grazie al pareggio a reti bianche tra Slovenia e Norvegia.
Si arriva così ai quarti di finale, dove la Jugoslavia, ancora scossa da questa clamorosa rimonta subita, affronta i padroni di casa dei Paesi Bassi, nella vasca del De Kujip di Rotterdam, che sarà anche teatro della finale.
Gli Oranje passano in vantaggio al 24′ con Kluivert, che al 38′ raddoppia. Negli spogliatoi Boskov non riesce a spronare a dovere i suoi, che al rientro dagli spogliatoi continuano a subìre il gioco veloce degli olandesi. Al 51′ Govedarica deposita il pallone nella propria rete e , tre minuti più tardi, Kluivert realizza la sua personale tripletta. Overmars decide che questa è la serata giusta per mettere a referto una doppietta, con goal al 78′ e al 90′. Utile, solo a fini statistici, la quinta rete di Milosevic nel campionato europeo, che realizza il goal della bandiera a tempo scaduto, portando il risultato sul 6-1 finale.
Milosevic fu così il maggior realizzatore dell’Europeo insieme a Kluivert.
La Jugoslavia termina così, con la coda tra le gambe, l’avventura ad Euro 2000.
Un vero peccato per una squadra ricca di individualità ma purtroppo ancora vittima della situazione politica e culturale presente in patria. Nemmeno il Maestro Boskov, è riuscito, con la sua esperienza e il suo saggio pragmatismo, a portare la sua nazionale a traguardi più prestigiosi, sebbene incontrare i tulipani, entusiasti padroni di casa, di certo non ha facilitato il compito.
L’ultima apparizione nel calcio del nome Jugoslavia è questa: una squadra dalle due facce.
Coriacea, solida ma persino vittima della sua stessa forza e determinazione.