I grandi numeri 10: Sindelar, il calciatore che si negò a Hitler

Sindelar fenomeno dell'Austria
Matthias Sindelar in azione: il calciatore austriaco che rinnegò l’Anschluss (fonte: futbaltriangle.com)

Nel calcio, il numero 10 è da sempre fantasia, talento, improvvisazione. Spesso è anche sinonimo di comando, leadership. Trascurando i rari casi in cui la diez è stata indossata da difensori (vedi Matthaus negli ultimi anni di carriera), se non addirittura da portieri (molti di voi ricorderanno Lupatelli nel Chievo dei miracoli), in una rigida numerologia del calcio l’eletto alla maglia più prestigiosa è il fenomeno della squadra.

 

Matthias Sindelar non trascende queste semplici, ma ormai consuetudinarie regole non scritte. Capitano storico dell’Austria Vienna e del Wunderteam, la nazionale austriaca degli anni ’30, ovviamente con addosso il primo numero a doppia cifra.

 

Sindelar, come vedremo, diverrà un eroe nazionale in patria. Patria che, però, è diversa dal suo luogo di origine: nacque, infatti, a Kozlov, nella Moravia, regione centro-meridionale della Repubblica Ceca, a più di 90 chilometri dall’Austria, nel 1903. E il suo nome all’anagrafe, non è Matthias, ma Matej.

È doveroso ricordare, comunque, l’allora dominazione austro-ungarica su questa terra. Non a caso, il centro di riferimento, nonchè degli affari, dell’Impero era Vienna, capitale asburgica, e non la più vicina Praga.

 

Così, nel 1906, la famiglia Sindelar, trascinata dal padre Jan, muratore, valica quello che è l’attuale confine meridionale ceco per approdare in terra viennese, con conseguente traslitterazione del nome del giovane Matej. Ed è nelle stradine dei quartieri popolari della città che emerge il talento cristallino del giovane, dalla struttura filiforme ma straordinariamente elegante: un filo di vento pare poterlo spazzare via, ma invece lo trascina lontano dalla marcatura avversaria, saltata con maestria. Da qui uno dei soprannomi che lo contraddistinguerà: Cartavelina.

 

Il talento, si sa, non passa inosservato a chi mastica calcio: Karl Weimann, professore universitario tedesco in servizio a Vienna, innamorato del pallone, lo vede giocare e lo spinge a tentare un provino con l’Herta Vienna. Superato a pieni voti, e nel 1921 esordisce in prima squadra, nella massima serie.

All’età di 20 anni, un tuffo in piscina, però, rischia di fermare irrimediabilmente la sua ascesa: rottura del menisco, all’epoca difficilmente curabile, e operazione che lo costringe ad un anno di stop. Lo vedremo tornare in campo solo nel 1924, con una vistosa fasciatura sul ginocchio destro, che lo accompagnerà fino a fine carriera. I movimenti, dapprima poco fluidi e impauriti, divengono poi quelli eleganti di un tempo. E il passaggio all’Austria Vienna, nell’estate 1924, è pura formalità.

 

Con i viola le sue capacità, messe al servizio di una squadra forte e completa, emergeranno definitivamente, esaltando anche all’estero il calcio austriaco: la storica Mitropa Cup viene alzata al cielo ben due volte, insieme a numerosi titoli nazionali. Hugo Meisl, selezionatore dell’Austria, non può far altro che convocarlo.

 

Un giocatore come Sindelar, unico nel suo genere, è anche difficile snaturarlo: tocchi morbidi, di fino, mai lanci lunghi a cercare la profondità. Per fare un termine di paragone con un giocatore attuale, pensate a Vazquez del Palermo: magari apparentemente assente per lunghi tratti della gara, per poi accendersi all’improvviso.

E quando Meisl, in occasione di un’amichevole giocata contro la Germania, su un campo pesante ed innevato, gli chiede di cambiare, riceve, dal campo, risposta secca. NO.

Risultato finale: Sindelar perde quasi tutti i palloni giocabili, l’Austria non si rende mai pericolosa e finisce 5-0 per i teutonici. Strappo clamoroso: Matthias è fuori dalla Nazionale a tempo indeterminato.

 

Ma come si fa a lasciare fuori un giocatore del genere? È universalmente riconosciuto come uno dei tre più forti calciatori del nostro continente, insieme al magiaro Sarosi e al nostro Meazza, tanto che i brand locali fanno a gara affinchè Sindelar reclamizzi i loro prodotti. E, dopo 14 partite, Meisl è costretto a tornare sui propri passi.

E l’Austria spicca il volo, vincendo praticamente tutte le amichevoli in vista del Mondiale 1934. È così che nasce il mito del Wunderteam, naturale favorita alla Coppa Rimet.

Il cammino austriaco, però, si ferma in semifinale contro i padroni di casa: lo svedese Elking tollera sin troppo i continui calcioni sistematici che Luisito Monti, mediano vecchio stile soprannominato armadio a due ante per la sua fisicità, rifila all’esile Sindelar, malconcio sin dai primi minuti. Con la stella spenta, l’Austria perde 1-0 e saluta il Mondiale, l’ultimo.

 

Mondiale che, però, permette a Matthias di conoscere il grande amore: si invaghisce di una giovane milanese, Camilla Costagliola, che lo seguirà a Vienna.

Dove però, la situazione di pace ed armonia della terra di Mozart si tramuta in crisi economica ed istituzionale: lo stato di default del 1934 da una parte spinge il calciatore a decurtarsi l’ingaggio pur di non lasciare l’Austria Vienna, nonostante le folli proposte che arrivavano da Londra, sponda Arsenal, dall’altra spingono lo stato verso il nazismo e l’antisemitismo, con gli ebrei invisi a tutta la popolazione a causa delle ingenti ricchezze detenute da questi ultimi.

Piccola postilla: Camilla Costagliola è sì italiana, ma di origine ebrea.

 

Quando, il 12 Marzo del 1938, l’Austria viene annessa alla Germania (il cosiddetto Anschluss), Sindelar, ormai trentacinquenne, volge ormai verso il finale della sua carriera. Il ginocchio pesantemente infortunato in gioventù lo tormenta, ma vuole godersi appieno gli ultimi atti della sua carriera. Ci sarebbe un mondiale alle porte, ma la possibilità di giocarlo con l’Austria, già qualificata, è compromessa.

Il 3 Aprile il Wunderteam gioca l’atto conclusivo della sua storia. Amichevole al Prater tra la Germania e l’Ostmark (ovvero provincia orientale, nome dato alla regione austriaca con l’annessione), la dissoluzione di una squadra e di una nazione in vista di un’unica macronazionale in grado di vincere in Francia, pochi mesi dopo.

Avrà anche 35 anni il nostro Matthias, ma è ancora il più forte tra i 22 in campo. E segna. sbloccando il risultato, al 70′, seguito dall’amico e compagno di squadra all’Austria Vienna Karl Sesta. La rete della bandiera addolcisce un ko già di per sé zuccherino per i gerarchi tedeschi: e adesso, chi fermerà la grande Germania?

 

Saluti finali, verso gli spalti, con il classico braccio proteso in avanti, a mano aperta. Per tutti, ma non per i due autori dei gol austriaci. Nessuno dei due giocherà il mondiale, paventando problemi fisici. È facile intuire come il dolore al ginocchio fosse sopportabile per Sindelar, ma non quello morale, nel vedere sparire la sua Nazionale, peraltro per mano di chi stava portando avanti una campagna tesa a distruggere gli ebrei, Camilla compresa.

 

Il rifiuto nel vestire la divisa della Nazionale fu un colpo gobbo per la propaganda nazista, appesantito dalla clamorosa sconfitta agli ottavi di finale per mano della Svizzera, con conseguente eliminazione.

 

Già, eliminazione… A qualcuno viene in mente di eliminare, fisicamente, Sindelar. Ma come fare? In patria è un eroe, si rischierebbe di scatenare una ribellione austriaca. La stampa di parte bolla come Juden il giocatore, ricostruendo un fantasioso albero genealogico con radici che affondano nell’ebraismo, per far venir meno il sentimento dei connazionali.

Lo schermo protettivo andava incrinandosi, e si frantumerà il 23 Gennaio 1939 nel suo appartamento di Vienna. Intossicazione da monossido di carbonio, dicono i referti medici, derivanti da una stufa malfunzionante.

Nessuno vedrà mai i cadaveri di Matthias Sindelar e Camilla Costagliola, non verrà eseguita alcuna autopsia. Anzi, il caso verrà frettolosamente archiviato dalla polizia.

 

Il nome di Sindelar rimarrà nell’oblio fino alla nuova indipendenza austriaca. Sesta, invece, nel 1941, verrà obbligato, sotto minaccia, a giocare sotto la bandiera con la svastica, per un anno, prima di ritirarsi dal calcio. Ma sarà la storia a riabilitarli, negli anni seguenti.

 

Non ci sarà più un Wunderteam, né un simbolo calcistico nazionale, per i nostri vicini di casa. Ma se andate a Vienna, dalle parti del Prater, aprite bene le orecchie: lì il nome di Sindelar riecheggia, ancora forte.

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